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Granezza e Pian della Pecca

  • 11 Febbraio 2021
  • Luoghi e leggende
  • Di Paola Martello

Hìa un da - Di qua e di là. Toponomastica - Leggende - Personaggi magici dell'Altopiano

Pagina a cura
di Paola Martello

Un detto di Foza dice: Mai addormentarsi senza ripararsi dalla luna piena. Potresti svegliarti con la gobba. E proprio di gobbe narra la leggenda legata alla bellissima zona di Granezza.
Per giungere nella vasta zona amministrata da più Comuni (Asiago, Lusiana e Lugo) si deve percorrere la suggestiva valle del Barental, il cui nome è cimbro e tradotto vuol dire bar "orso" e tal "valle": quindi "Valle dell'Orso"(Si ricorda che l'ultimo esemplare di plantigrado sull'Altopiano, sia stato ucciso nel 1856). Alla zona appartiene un'antica osteria , oggi chiamata rifugio Granezza.
Il toponimo (usato un tempo al plurale: le Granezze) deriverebbe dal medio e alto tedesco grènize, granzen e significa "confine". Questo vocabolo sarebbe entrato sull'Altopiano nel XIII secolo, con l'arrivo degli ultimi lavoratori arrivati dalla Baviera.
Vi è una vallata chiamata Granezza di Gallio o Taglio (una striscia di territorio priva di alberi), ma appartenente al comune di Asiago.
Si racconta che un giorno un uomo con una gobba sulla schiena, stanco di essere preso in giro da un altro gobbetto, decise di andarsene dal suo paese dell'Altopiano. Dopo aver camminato tutto il giorno si trovò nel bosco di Granezza e stanco, si mise a dormire sotto un abete. A mezzanotte fu svegliato da musiche e canti che provenivano dall'albero. I suoni e le voci erano delle fate dell'abete che facevano festa.
Le belle giovani, visto il gobbetto, gli chiesero se sapeva ballare e lui rispose di sì. Fu così che l'uomo danzò allegramente con le fate tutta la notte. A festa finita le leggiadre fanciulle chiesero cosa potevano fare per ricompensarlo ed egli disse che l'unica cosa che desiderava dalla vita era essere senza gobba. Le fate decisero di liberarlo da quella protuberanza tanto detestata. Presero un coltellino d'argento e la tagliarono via, poi con delle pomate magiche lisciarono la schiena del nuovo amico e la resero liscia e dritta.
L'ex gobbetto felice, ringraziò e torno al suo paese, dove trovò l'altro uomo con la gobba che, come lo vide, gli chiese a cosa fosse dovuta quella trasformazione.
Quando ebbe saputo tutta la storia, anche il secondo gobbo volle andare dalle fate.
Lo stesso giorno partì seguendo le indicazioni del compaesano e arrivato al grande abete si mise a dormire sotto l'albero. La storia si ripeté e quando le fate chiesero all'uomo se sapeva ballare, lui disse di sì, ma non era vero. Per tutta la notte danzò sgraziatamente pestando i delicati piedi delle fanciulle e alla mattina, quando la festa finì, manifestò il desiderio di avere la schiena dritta senza montagnole.
Le fate allora gli chiesero di togliere la camicia, ma invece di tagliare la fastidiosa protuberanza, gli attaccarono quella tolta dal bravo ballerino.
"Così" dissero "impari a dire bugie e a rovinarci i piedi." Al disgraziato non restò che tornare al paese con la doppia gobba sulle spalle e rimpiangere di aver detto una menzogna.
L'albero di Granezza mangia il cartello. Che non voglia intrusi?
Delle fate musicanti non ci sono più notizie e probabilmente anche loro hanno dovuto lasciare i loro abeti, disturbate dalla marea di turisti che arriva sul luogo d'estate, attirata dalla bellezza dei boschi. Alcuni abeti sembrano però manifestare la loro disapprovazione "mangiando" i cartelli messi dagli uomini.
Pian della Pecca
Alla zona di Granezza appartiene anche una località chiamata Pian della Pecca. Il toponimo è riportato anche in alcune carte geografiche dell'Altopiano dei Sette Comuni. Sembra evidente che tale nome sia stato dato alla zona, poiché sulla strada ci sono delle tracce che sembrano, con un po' di fantasia, orme di piedi. In veneto, "orma" si dice pecca.
Per quelle strane impronte impresse su quel tratto di sentiero, è nata una strana leggenda.
Si racconta che in un tempo lontano, i montanari erano degli indomiti pagani, per nulla disposti a convertirsi alla religione Cristiana. Per questo motivo molti padri della chiesa salirono sull'Altopiano con il preciso intento di portare quegli uomini sulla "retta via".
Fu così che una Notte di Natale, quattro frati, per niente intimoriti da una nevicata che aveva coperto la terra, salirono sulle nostre montagne per pregare e cantare le lodi a Dio. Quando furono sull'Altopiano andarono dritti in piazza ad Asiago ed intonarono inni alternandoli a preci.
A poco a poco, molte persone uscirono dalle loro case per unirsi ai quattro santi uomini.
In quella Notte alcuni uomini di chiesa si caricarono sulle spalle i peccati degli asiaghesi e, a fatica, tornarono sui loro passi. La strada era lunga per giungere in pianura e inoltre la neve continuava a cadere. I frati, arrivati che furono al Barental e poi al Pian della Pecca, sentirono che i fardelli erano diventati pesantissimi e che i loro piedi sprofondavano nel ghiaccio e nella roccia tanto che le loro orme rimasero impresse per sempre lungo il sentiero. Sfiniti dalla fatica, esalarono gli ultimi respiri proprio al pian della Pecca, mentre degli angeli apparsi all'improvviso, portarono con sollecitudine le loro anime in cielo.
Come per molti luoghi dell'Altopiano, quando si parla di Granezza il pensiero va alla Grande Guerra. Anche il suo territorio ricorda gli eventi di quel conflitto bellico, ma questa è un'altra Storia.

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Paola Martello



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